L’emergenza che stiamo attraversando investe globalmente la società in cui viviamo, si sviluppa su problematiche pregresse e potenzialmente lascia scorgere inediti scenari. Come tavolo di discussione sui temi di ecologia e ambiente del percorso cittadino per una contro-progettazione dell’area dell’ex-caserma Sani abbiamo deciso di raccogliere, riassumere o tradurre una serie di contributi che crediamo possano essere utili per leggere questa crisi con le lenti critiche di uno sguardo ecologista.
Dentro questa sezione, in continuo aggiornamento, troverete una serie di articoli, interviste e riflessioni selezionati e brevemente raccontati. L’ordine di comparsa è cronologico, ma non escludiamo che possano esserci alcuni errori.
Questa è la terza puntata dopo quella della scorsa settimana che trovate a questo link ( https://contraereapopolare.oziosi.org/ecologia-ed-epidemia-raccolta-di-scritti-parte-2/ ). Due degli articoli qui riportati (i primi due) esprimono pareri divergenti, così come è successo in passato. In questo caso al centro della discussione vi è il ruolo della scienza e dei saperi esperti. Torneremo su questo ed altri argomenti nelle prossime settimane in forme anche diverse da quella della recensione.
1) http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/2020/03/libera-scienza-libero-stato-0
Puntata della trasmissione entropia massima.
Dopo la puntata con intervista al medico Ernesto Burgio, in cui veniva spiegato come una parte della comunità scientifica fosse a conoscenza del pericolo rappresentato dalla tipologia di virus di cui attualmente osserviamo la diffusione, la trasmissione prosegue con luna dissertazione sul metodo scientifico quale veicolo attraverso cui devono passare le informazioni per arrivare correttamente e in tempo ai decisori politici e al pubblico. Nel periodo precedente la chiusura totale è stato osservato dal capo della protezione civile Borrelli come la mancanza di presidi medici d’emergenza fosse paragonabile alla mancanza di casette abitative emergenziali post-sisma. Il fisico spiega , durante l’intervista, l’importanza del metodo scientifico e della competenza di chi rilascia le informazioni. Viene fatto un utile e conciso approfondimento storico: a partire da Einstein, prosegue poi con gli esperimenti di Rutherford, per poi enunciare i punti fondamentali del metodo scientifico di Galileo. Infine, tramite una barzelletta, spiega il complesso rapporto tra i settori scientifici e la necessità dell’unione delle conoscenze per poter superare le sfide attuali. Relativamente alla grande quantità di informazioni reperibili sul web, il fisico intervistato spiega il metodo con cui vengono verificati gli articoli pubblicati dalle riviste attestate.
2) https://jacobinitalia.it/fate-parlare-gli-esperti-chi-si-deve-occupare-di-unepidemia/
Il ritornello «lasciamo la parola agli esperti» compare ad ogni evento di rilievo, in particolare ha accompagnato questa pandemia sin dall’inizio. Ma se la conoscenza tecnica è fondamentale, allo stesso tempo delegittimare la presa di parola di un “non specialista” significa semplificare la situazione e togliere dal tavolo le questioni più pressanti sulla vita delle persone. Non esiste una teoria scientifica capace di descrivere perfettamente la situazione in cui ci troviamo, al contrario ogni modellizzazione si misura con una serie di priorità e di vincoli ambientali e politici: la comprensione, anche tecnica, del problema che abbiamo di fronte, serve a muoversi dentro questa rete di rischi, a fissare i valori guida e i desideri secondo il proprio punto di vista; in nessun senso è pensabile che una Scienza con la S maiuscola metta la parola fine al discorso. Roberto Salerno si muove dentro questo ragionamento soffermandosi in particolare sui rischi di una legislazione (e una comunicazione) d’Emergenza. «L’avocare la questione a gruppi specifici non risponde a esigenze tecniche […] Confrontarsi su quello che non è possibile affrontare con le proprie competenze aiuterebbe tutti a tenere a bada panico e ottimismi.»
3) https://www.infoaut.org/global-crisis/covid-19-e-i-circuiti-del-capitale Da Monthly review, un articolo di Rob Wallace, Kuis Fernando Chaves, Rodrick Wallace, Alex Liebman. Uno scritto lungo e interessante tradotto in italiano dal collettivo di Ecologia Politica Milano.
Partendo da un’analisi delle strategie formulate dall’Imperial College o da altri esperti, come Nassim Taleb, per combattere il Corona Virus, gli autori mostrano come queste ultime si fondino sul mero calcolo numerico dei morti, dei contagiati, dei posti in terapia intensiva, deicosti della quarantena. Secondo gli autori per riuscire a rispondere efficacemente alla pandemia, serve invece che la strategia di contenimento del virus si fondi su una diversa definizione di emergenza, che includa le cause strutturali all’origine della pandemia, e non solo le sue conseguenze visibili. Parlare di rete causale significa comprendere il forte intreccio tra il modello estrattivista e le nostre possibilità di sopravvivenza durante l’emergenza e nella fase successiva di “cura”; così come comprendere il legame tra “la pazzia da cacca di pipistrello”(una sindrome associata ai pazienti che contraggono il covid) e l’offerta sul mercato di animali esotici accanto a quella di bestiame tradizionale. Molti agenti patogeni emergono direttamente dai circuiti primari della produzione capitalistica, altri come il Covid-19 ai loro margini. In entrambi i casi è fondamentale un’analisi che consideri gli interessi in campo e definisca nuove “geografie relazionali” che tengano conto degli attori economici globali nel creare le condizioni per la diffusione e l’incisività delle epidemie. Le mappe che considerano la Cina e le zone periferiche orientali come punti critici andrebbero aggiornate considerando il ruolo dei centri economici e finanziari occidentali. L’erosione di ecosistemi naturali in nome del profitto ha influito sul contenimento del virus tanto quanto i deficit di salute pubblica e igiene. Una maggiore presenza di foreste avrebbe ridotto le possibilità di spillover su popolazioni umane. Un ruolo fondamentale secondo gli autori è attribuibile all’agroindustrie. A questo proposito vengono riprese e ampliate alcune riflessioni già presenti in un’intervista di Rob Wallace, tradotta sempre su infoaut e segnalata nella prima puntata di questa rubrica. Questa sarebbe direttamente e indirettamente coinvolta nei processi di trasmissione di agenti patogeni nel suo normale funzionamento. Nelle pagine finali gli autori descrivono in maniera coerente una “teoria generale sull’emergenza” tornando su alcune premesse operative rispetto al metodo di analisi delle cause e specificando la necessità di andare oltre un approccio esclusivamente economicista (seppur sistemico) per liberarsi da questa epidemia e tutelarsi da quelle future che, prevedono, non tarderanno probabilmente altri 100 anni a meno di cambiamenti radicali. “Regolare in forme più profonde le modalità con cui ci appropriamo della natura”, questa la soluzione che propongono.
In questo articolo breve ed efficace Bruno Latour prova a coniugare teoria e pratica creando un contro-inventario rispetto alla retorica della “ripresa” della produzione in minor tempo possibile”. E’ proprio a questo modus operandi che lo studioso francese si oppone, e in particolar modo contro quei promotori della globalizzazione sfrenata che proprio ora sostengono con urgenza il riavvio della produzione. Latour sostiene invece che questo momento ci mostri come una sospensione trasversale del sistema di produzione sia diventata improvvisamente tangibile e debba portarci a mettere in discussione ciò di cui abbiamo davvero bisogno e ciò di cui invece dovremmo sbarazzarci. Interessante l’idea di spostare il focus del socialismo dall’idea di redistribuzione della ricchezza a quella di una sfida al concetto stesso di produzione. Latour conclude con la proposta di un esercizio pratico da fare prima da soli e poi collettivamente per dar vita a quello che chiama “contro-inventario”.
5) https://jacobinmag.com/2020/04/big-oil-companies-climate-change-pandemic
traduzione qui–> https://pad.riseup.net/p/1_3N6vyuq9lYo-iSpk8k-keep
Con la pandemia di COVID-19 e l’interruzione di molte attività produttive si assiste ad una drastica diminuzione della domanda energetica. aQuesta però non è seguita una diminuzione dell’approvvigionamento: al contrario, Russia ed Arabia Saudita hanno aumentato l’estrazione. Gli Stati Uniti, invece, non riescono a ridurre l’estrazione per i costi eccessivi del blocco dei pozzi e non sanno più dove stivare il petrolio invenduto. L’aumento di produzione, le difficoltà nello stoccaggio e la diminuzione della domanda energetica hanno comportato un crollo dei prezzi, il peggiore nella storia del mercato del petrolio. Un prezzo di vendita così basso ha costretto e costringerà molte aziende a dichiarare bancarotta. Il terremoto dell’industria petrolifera ha i suoi strascichi anche nel mondo della finanza, essendo pesantemente influenzato dal settore dei combustibili fossili. L’autore invoca prudenza nell’equiparare il temporaneo (benché grave) collasso di un’economia fondata sul petrolio con il crollo del sistema stesso. La tesi di fondo è che, benché l’industria fossile stia affrontando un momento difficile, chi pagherà le peggiori conseguenze saranno le aziende petrolifere più piccole ed i paesi esportatori più poveri, mentre altri soggetti ne usciranno rafforzati. Big Oil è il nome usato per indicare le 7 più grandi compagnie petrolifere mondiali. Queste, assieme ai Paesi del Golfo, usciranno “vincitrici” dalla crisi in corso, riuscendo a guadagnarsi il mercato delle piccole compagnie e dei paesi esportatori più poveri.La drastica diminuzione della domanda energetica non durerà a lungo, anche perché la ripresa economica spinta dalle grandi compagniepetrolifere è pronta a tornare nel segno della iper-produttività. Intanto, i movimenti per la giustizia climatica assistono con preoccupazione all’allentamento della già debole regolamentazione ambientale sulle emissioni di anidride carbonica. Oltre alla Big Oil e le altre compagnie petrolifere anche grandi banche ed istituti finanziari stanno spingendo per attenuare gli obblighi legati al cambiamento climatico.
6) https://thevision.com/habitat/africa-asia-locuste-invasione/ (OT)
Mentre le nostre vite sotto ogni punto di vista vengono
profondamente modificate dall’esplosione della pandemia dovuta al Covid-19, il mondo continua a girare e, anche se magari passate in secondo piano, altre problematiche continuano a svilupparsi e ad evolversi rapidamente.L’articolo qui citato ci aggiorna sull’invasione di locuste che è esplosa all’inizio della pandemia. É partita dal Kenya, per espandersi poi nel corno d’africa e verso il medio oriente, la più ingente invasione di locuste degli ultimi settant’anni. Si tratta di una catastrofe umanitaria che porterà probabilmente ad un aumento, dell’ordine delle decine di milioni, delle persone che patiranno la carenza di cibo. Questo in zone in cui, da anni, 12 milioni di persone stanno soffrendo a causa della mancanza cronica di cibo. Una delle cause di quest’avvenimento drammatico, è stata individuata in un periodo di piogge sovrabbondanti che ha preceduto la proliferazione degli insetti. Avvenimenti di questo genere sono dovuti a temperature anomale che alterano l’equilibrio naturale dell’ambiente, e anche se questa questione fa parte delle tante che in un periodo come questo non conquista le testate giornalistiche, si tratta di un altro sintomo del riscaldamento globale, per il quale quarantene e lockdown difficilmente rappresenteranno una soluzione.