L’emergenza che stiamo vivendo investe globalmente la società in cui viviamo, si sviluppa su problematiche pregresse e potenzialmente lascia scorgere inediti scenari. Come tavolo di discussione sui temi di ecologia e ambiente del percorso cittadino per una contro-progettazione dell’area dell’ex-caserma Sani abbiamo deciso di raccogliere, riassumere o tradurre una serie di contributi che crediamo possano essere utili per leggere questa crisi con le lenti critiche di uno sguardo ecologista.
Dentro questa sezione, in continuo aggiornamento, troverete una serie di articoli, interviste e riflessioni selezionati e brevemente raccontati. L’ordine di comparsa è ancora una volta cronologico.
Questa è la seconda puntata dopo quella della scorsa settimana che trovate a questo link ( https://contraereapopolare.oziosi.org/ecologia-ed-epidemia-raccolta-di-scritti-parte-1/ ) .
1) https://wearyourvoicemag.com/news-politics/humans-are-not-the-virus-eco-fascist
traduzione –> https://pad.riseup.net/p/traduzione1?fbclid=IwAR0dSKSulBTS213eghXH0brVw-iLlRxg1PxUgQ9-4utvMGMAgJ9hKyROEb8
A fronte dell’escalation vista sui media nelle ultime settimane di messaggi che si riferiscono al COVID-19 come “Vendetta di Madre Natura” o “vaccino per la Terra”, Sherronda J. Brown punta il dito contro una nuova tendenza eco-fascista a cui, forse inconsapevolmente , sempre più persone stanno aderendo. Queste teorie eco-fasciste, sostenendo che la conservazione naturale vada difesa ad ogni costo, legittimano la morte di migliaia di persone in nome di un presunto sgravio per la Terra, che scrollatasi di dosso il peso delle vite umane grazie alla riduzione delle attività antropiche potrebbe ricominciare a respirare. Non vedono e non vogliono far vedere come dietro a queste morti vi siano in realtà responsabilità statali, scelte economiche, tagli alla sanità pubblica. Questo stato di emergenza non ha fatto altro che aggravare le disuguaglianze determinando ulteriore sviluppo di traumi in intere comunità da sempre marginalizzate: poveri, lavoratori, senzatetto, detenuti, molti dei quali BIPOC (neri, indigeni e persone di colore). S. J. Brown sottolinea quanto pericoloso sia sposare questa linea di pensiero: sotto questi slogan si cela un pensiero xenofobo,ispirato dal suprematismo bianco che in fondo è anche responsabile del modello di produzione capitalistico ecocida. Se dobbiamo ascoltare qualcuno, in questo momento sono le comunità indigene che da anni rivendicano il diritto di coesistenza pacifica con la terra.
Noam Chomsky, intervistato da Srecko Horvat, contestualizza la crisi che stiamo vivendo, mettendo in luce il fatto che nonostante questa emergenza stia lasciando dei solchi profondi nelle nostre vite, in qualche modo ne usciremo. Ci sono però due problematiche potenzialmente più minacciose di qualsiasi cosa sia mai accaduta nella storia dell’umanità: il riscaldamento globale e la guerra nucleare. Se continuiamo a ignorare o addirittura a favorirne la deriva, una volta arrivati in fondo non ci sarà modo di risollevarci. Bisognerebbe riflettere sulle radici della crisi attuale, e comprendere che se non si riparte da quelle stesse radici, le crisi a venire diventeranno inoppugnabili. Sapevamo da tempo che c’era la possibilità che si replicasse un’epidemia SARS e si è deciso, invece di testare nuovi vaccini e tenere monitorata la situazione, di produrre beni più capitalizzabili e più interessanti dal punto di vista commerciale. Purtroppo le politiche neoliberiste certamente non hanno aiutato nell’invertire la rotta che stiamo percorrendo, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico e i rischi di una potenziale guerra nucleare. Forse la crisi del coronavirus può portare la gente a pensare a come rimodellare il mondo in cui viviamo, anche perché una volta usciti da questa situazione, le possibilità sono o di trovarci in uno stato sempre più autoritario e invasivo, oppure riuscire a costruire una realtà più umana e meno incentrata sul profitto privato.
3) https://operavivamagazine.org/leccezione-delle-minoranze/
L’articolo è una rielaborazione scritta delle discussioni che hanno portato alla registrazione dell’incontro streaming Comunismo queer (e il resto scompare) [https://www.youtube.com/watch?v=RtS6SdATeNE], organizzato dal gruppo di ricerca bolognese DallaRidda lo scorso 22 marzo.Lorenzo Petrachi dialoga con Federico Zappino (autore di Comunismo Queer) sul concetto di emergenza, eccezione e ritorno o meno alla normalità, chiedendosi cosa questa significhi veramente per tutte quelle soggettività che giorno dopo giorno ne costruiscono il fuori, l’eccezione.Il nucleo del discorso ruota intorno alle possibilità analitiche e di liberazione che l’emergenza apre rendendo visibili le linee della razza,del genere e della classe dentro le razionalità di governo di questa crisi. Zappino si sofferma sull’esigenza da parte dei movimenti diauspicare un ritorno/ripristino dello spazio democratico per disporre dei mezzi politici, giuridici e sociali che consentano la sovversionedella normalità, nelle sue parole: «Chiunque faccia parte di una minoranza sufficientemente politicizzata sa perfettamente che la normalità èil problema».Dal punto di vista dell’analitica del potere i due autori pongono l’accento sul modo in cui le misure eccezionali della sospensione dellanormalità – nonostante la loro natura emergenziale – rivolgano ancora lo sguardo a modalità di esistenza produttiviste («truccatevi come se…»,«datevi obiettivi giornalieri», «non sprecate il vostro tempo» ecc. ecc.) che riproducono nell’emergenza matrici di oppressione tutt’altro che eccezionali. Da questo punto di vista l’eccezione non è lo Stato che si militarizza per il bene comune, ma tutte quelle minoranze che vivono nei loro corpi la normalità come pericolo. Nello scenario che si apre davanti a noi occorre «chiedersi cosa di questa eccezionalità è destinato a diventare un aspetto caduco e transitorio e cosa invece, nel bene e nel male, potrà o dovrà sedimentarsi».
4)http://www.leparoleelecose.it/?p=38050
Pellizzoni prende per le corna il dibattito tra “eccezionalisti” (chi vede in questa situazione eccezionale uno spazio contro l’individualismo neoliberista) e “intensificazionisti” (chi pensa che lo stato d’eccezione si stia intensificando e generalizzando). L’autore dell’articolo muove una critica ad entrambe le posizioni e in generale al dibattito “intellettuale sulla biopolitica”, che sarebbe ancora in definitiva ancorato ad un’analisi incentrata sull’uomo occidentale. Per una terza via, secondo lui, bisogna concentrarsi sulla natura e sul rapporto tra umani e non-umani: bisogna concentrarsi sull’intersezione tra natura e società, e sulla loro reciproca affezione: è proprio questo il terreno su cui si dispiega la situazione attuale e da cui prende origine il virus. La coincidenza tra bios e zoe è già dispiegata ed è un terreno di cattura per il capitale (biotecnologie, geoingegneria, megalopoli..), ed è con questa lente che va guardato lo stato d’eccezione. L’invito quindi è quello di portare la critica dentro la cassetta degli attrezzi scientifici, cercando in ogni sapere la sua posizionalità storica e sociale. Pellizzoni evidenza la necessità di ripensare a fondo il legame scienza-economia-politica ed esperti-cittadini: non è con la paura che la scienza (ri)conquisterà fiducia e legittimazione, ma andando al fondo di ciò che l’emergenza sta facendo affiorare, a partire dai tagli alla sanità e alla ricerca, le privatizzazioni, la gestione commerciale delle vite e la connivenza o l’indifferenza al riguardo da parte delle comunità scientifiche.La riflessione sul senso con cui si chiude l’articolo, sul perché utilizziamo certe tecniche e tecnologie, richiama l’intrecciarsi di due concetti il cui nesso reciproco resta aperto: sopravvivenza e buona vita. Il Covid-19 e i suoi simili ci avvertono che è urgente un profondo ripensamento del rapporto che il nostro sapere (e il nostro fare) intrattiene con il mondo, mediato dall’illusione di un’illimitata auto-affermazione.
5) https://www.dinamopress.it/news/la-pandemia-tecnologie-ed-ecologie/,
Obiettivo dell’articolo di Alberto Manconi e Miriam Tola è quello di provare a mettere a fuoco alcune tecnologie ed ecologie della pandemia nel tempo distopico indotto dalCOVID. Riguardo alle tecnologie, viviamo in questo momento perennemente connessi a schermi, e proprio le piattaforme digitali stanno riuscendo a supportare le parole dei politici più reazionari, trasformando il mondo fuori in un campo di battaglia, prospettiva che spinge le persone a cercare continuamente il colpevole in colui che‘’sfida’’ i vari decreti. Intanto, le relazioni sono sempre più disgiunte, e le piattaforme captano ogni dettaglio delle nostre vita accumulando dati (senza riuscire però, paradossalmente, a tracciare il più importante: il movimento del virus). Riguardo all’ecologia, una biosfera sconosciuta ha fatto breccia nella nostra vita, mostrando come gli umani non siano gli unici protagonisti della storia. Gli ecosistemi seguono logiche non lineari, che sfuggono alle tecnoscienze, la distruzione di habitat e picchi di emissioni ( frutto del progetto capitalista) introducono molti elementi di turbolenza in questi sistemi. Questa pandemia è un contro-effetto della pressione del capitalismo sul pianeta. Di fronte a questo scenario, la proposta dei due autori è quella di individuare nella cura il campo di lotta futura. Reinventare la cura dopo che anch’essa è stata fortemente messa in crisi, non solo in quanto crisi del modello sanitario, che mostra il limite dell’essere stato finora centrato solo sull’individuo e non sulla comunità, ma in modo più ampio come crisi della riproduzione sociale (come hanno già mostrato realtà come NUDM), che si manifesta nelle varie fragilità del nostro sistema che stratificano la specie lungo le linee della classe, del genere e del colore. Solo tramite nuove forme di cura che si estendano dai corpi singoli all’ecologia e tecnologia sarà possibile persistere su un mondo che non ci appartiene.
6) https://ilmanifesto.it/covid-19-non-torniamo-alla-normalita-la-normalita-e-il-problema/
Questo articolo apparso su “il manifesto” è la traduzione dal castigliano (a opera di Pierluigi Sullo) di una critica riflessione di Ángel Luis Lara pubblicata originariamente sul quotidiano online El Diario. L’autore riporta qui i risultati di articoli scientifici di vari settori e interviste ad esperti, interconnettendo fra loro tutte le informazioni raccolte. In questo scritto cerca di analizzare dal punto di vista epidemiologico le probabili cause, diciamo il punto 0, che ha portato alla nascita di questo particolare tipo di corona-virus che sta paralizzando il pianeta, partendo dai primi studi sui virus di origine zoonotica, fino a mostrare come l’ approccio umano ad una produzione e crescita “non ecologiche” ci abbia condotto alla crisi di questi mesi. Lo fa cercando di collegare, in maniera analitica, ma senza alcuna pretesa da statista, le attività antropiche con la genesi del virus; criticando i modelli di sviluppo e di allevamento “insostenibili” di cui la Cina, la “fabbrica del mondo”, si erge a capofila. Suddivide la sua analisi in 6 steps non cronologici ma consecutivi a livello di ragionamento. L’intento dell’autore è di tracciare un filo logico capace di spiegare il perché siamo arrivati a questa pandemia, cosa non abbiamo fatto per evitarla e quanto in realtà questo virus sia il risultato dell’aggressività con cui abbiamo negli anni cercato di plasmare la natura ai nostri scopi, invece che adeguarci ad essa. Il suo sembra quasi un ragionamento che serva a mantenerlo ancorato, nonostante tutto, ad una realtà quasi surreale, nel tentativo di trasmettere a se stesso e al mondo un monito (il titolo recita: “Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema”). Emblematica una frase dell’articolo: “Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in me. Chissà che il desiderio di vivere non ci renda capaci della creatività e della determinazione per costruire collettivamente l’esorcismo di cui abbiamo bisogno.”
7) Off topic: https://www.opendemocracy.net/en/global-extremes/resilience-radicalisation-and-democracy-covid-19-pandemic/
traduzione–> https://pad.riseup.net/p/iT2791-lMqXOk8okI2L5-keep
Dopo i primi e un po’ naïf entusiasmi per la pandemia, dipinta come la rivincita della “madre-terra” su un’umanità scellerata ed egoista, l’aver preso coscienza della pericolosa velocità di diffusione del virus ha portato un momento di grande preoccupazione. Ed è la preoccupazione ciò che caratterizza questo articolo: preoccupazione per la perdita della democrazia e per la nascita di estremismi di destra, attraverso dinamiche di manipolazione politica.Il monito, dunque, che l’autrice fa ai governi è di correggere gli algoritmi dei social network e di regolamentare le piattaforme sulle quali si forma l’opinione pubblica, facilmente manipolabili da gruppi di estrema destra, e di garantire un reddito minimo, per evitare che persone arrabbiate abbraccino ideologie ed estremismi violenti.L’articolo mette correttamente in guardia dei pericoli che sono “a destra”, ma tace sugli altri pericoli, compreso il pericolo di tornare alla normalità.
Con questa pandemia la nostra democrazia sta correndo dei seri rischi, compreso il rischio di essere messa in discussione, stravolta e migliorata.